Goodnight Moon

Spencer chiuse le sue matite nella scatola. Vi avvolse attorno del nastro adesivo nero, non curandosi di apporre alcun criterio nel districare la serpentina scura.
Avvicinò le labbra all’oggetto e si lasciò andare a un solo atto d’amore: un bacio per dire addio ai suoi sogni.

Sua madre batté coi pugni alla porta.
Spencer replicò i movimenti della donna rivolgendoli con ira crescente alla scatola, che si ammaccò leggermente, forte della consistenza del nastro nero.
Aprì l’armadio e gettò al suo interno il tutto.
Quando abbassò la maniglia della porta, Spencer vide gli occhi di sua madre nella piena follia.

La abbracciò amaramente, rassicurandola che non avrebbe più disegnato…

-diegofanelli-

 

Le estati: i varchi di possibilità, gli errori e i sogni…

Quante linee d’ombra abbiamo valicato nelle nostre estati da ragazzi?
Cosa rappresentavano quei mesi?
In quelle sospensioni della quotidianità, errori e sogni si contendevano la realizzazione…

-diegofanelli-

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Percezioni, realtà, secondi dilatati e viaggi (non)fatti

Tra App di fitness che scandiscono secondi e dilatazioni temporali, una piccola riflessione sul potere creativo della mente…

-diegofanelli-

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“UOMINI E TOPI”, di John Steinbeck – LA MIA RECENSIONE/RIFLESSIONE (NO SPOILER)

Storia semplice.
Storia di dialoghi continui.
Di uomini miserabili, lavoratori senz’altra scelta che la fatica.

Bifolchi, zotici, di quelli abituati a tal punto alla mancanza di libertà che li sfiderei a non convincersi di avere vino in un bicchiere d’acqua davanti ai loro musi, pur di mantenere almeno la libertà di prendersi per il culo con la capacità di sognare ancora.

Sognare.
Che la prossima terra da lavorare sarà la loro magari, niente più ranch alle dipendenze di nessuno!
Sognare.
Di non dover dar conto più a nessuno se non a sé stessi!
Sognare, sognare e lavorare.

Tutti questi miserabili lo fanno.
Ognuno nella propria autonomia, solitari esseri agognanti aria migliore.
E George è Lennie non sono da meno.
Il primo è pragmatico e con un po’ di sale in zucca; il secondo è un gigante, incredibilmente forte, ma completamente incapace di provvedere a sé stesso: diméntico, ossessionato dal voler accarezzare “le cose belle” e null’altro; George addirittura crea e narra gli stessi sogni dell’amico; se non fosse che il pisciare gli derivi da uno stimolo fisiologico, probabilmente George dovrebbe instillare in Lennie pure l’immagine della minzione per poterlo far scattare verso il cesso.

In tutto un ammasso di dialoghi serrati, tra rabbia, gelosie, speranze, fanciullesche emotività e sordide furbizie, “Uomini e Topi” di Steinbeck non risparmia nulla al lettore.

Nulla.

E allora bevete da questo calice di vino, scoprite quanto mosto può esservi in centilitri d’acqua di disperazione, e, viceversa, quanto facciano male gli splendidi sogni lontani dall’ubriachezza.

-diegofanelli-

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“Zood Walking?”

“Cristo, ho viaggiato nel tempo?!”

C’erano: una casa che non conosco e un ragazzo altrettanto sconosciuto.
Un sistema Windows vecchio sullo schermo di un PC.
Un lungo corridoio, verso il quale mi sentivo chiamato a compiere un atto non meglio definito, e una porta chiusa postagli alla fine come un traguardo.
Sullo schermo del PC le credenziali di Facebook del ragazzo in bellavista.

-dammi un foglietto -, gli ho detto, -mi devi promettere di memorizzare questa cosa: io tornerò nel futuro (sì, non appartengo a questo tempo!), ed ho la sensazione che questo passaggio cancellerà il ricordo di essere stato qui; io ti cercherò su Facebook, scrivi sul foglietto il tuo nome profilo; ora ci scrivo un messaggio per me: di contattare questo nominativo una volta tornato “in avanti” e poi vedremo cosa succederà…-

L’ho lasciato lì.
Mi sono messo a correre violentemente lungo il corridoio, convinto di adempiere così alla sua tacita richiesta; la porta si faceva sempre più vicina, paura a mille, ma non ho smesso di correre…
BAM!
…hey, sono ancora tutto intero, immerso in un fluido incredibilmente colorato, magicamente vivido e ricco di sfumature cromatiche…

Mi sveglio dal sogno, stamattina; sono in questo tempo; Muttley, il mio cagnolino, è in attesa di essere portato fuori per la solita passeggiata; ricordo improvvisamente un termine: “zood walking”.

Lo cerco su internet, ho i brividi al solo pensiero di trovarne conferma: qualora esistesse, se dovesse avere qualche riferimento coi viaggi nel tempo forse avrei la conferma di aver vissuto qualcosa di incredibile…

Ma niente da fare, missione fallita. Non esiste nulla di lontanamente collegabile ai viaggi temporali.
Allora mi metto alla ricerca del “biglietto.”
Ancora una volta nisba: nessun biglietto e nessun nominativo da cercare…

Aspetta un attimo mi dico: “nel sogno avevi la certezza che avresti dimenticato tutto e che il biglietto sarebbe servito a guidarti alla ricerca di un fantomatico individuo proveniente dal passato…”

…ma tu ricordi tutto e il biglietto non c’è.
Cazzo! Era tutta una cazzata, un sogno e basta!

Muttley è seduto davanti a me, il suo sguardo sembra avere un ché di malandrino…
“Muttley”, l’hai mangiato tu?
Ma il quadrupede malefico scappa via e io rimango a letto ancora un po’ turbato.

Sono di fronte ad un dilemma: probabilmente ho il cane “dio del tempo”, custode di un segreto che non potrò estorcergli mai…

…oppure è semplicemente il solito stronzetto, custode di una pazienza verso le mie immaginazioni fantastiche che (lui) non potrà estorcermi mai…a meno di un po’ di tempo passato a “torturargli” quelle splendide orecchie ad ali da “pipistrello.”

Ecco!: “zood walking” da oggi sarà per me il mio passarmi tra le dita quelle due meravigliose parabole che il piccoletto su quattro zampe si ritrova ad incorniciargli la faccia!

…mentre mi piace pensare che questo Universo, continui a custodire meravigliosi segreti dietro la coltre di incredibili modalità.

-diegofanelli-

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Cosa Pensano gli Spettri

Alcuni spettri fluttuano probabilmente nelle mie stanze.
Inutilmente acquattati dietro gli oggetti nel giorno, si librano di notte venendomi a guardare.

Gli occhi eterei puntati sull’uomo che vive, domandano circa il mio respirare; aleggiano sulle mie membra sopite, interessati a scoprire se persista ancora materia dietro la mia carne o non si annidi, forse, qualche loro parente affine, più privilegiato nel poter ancora godere d’organi non trapassati…

Se tra noi e loro contatto può aver luogo, deve forse avvenire per il tramite di lama; e io mi modifico, allora, le parti più angolate del mio corpo divengano spigoli; ed essi, assottiglino la peculiare evanescenza che li contraddistingue…

L’incontro tra noi è un taglio.
Una carezza, forse, ma scoperta nel prodotto di lama su carne.

Siamo noi, a volte immagino, gli spiriti a cui guardano (gli stessi spiriti) con gli occhi dei vivi.

E intanto io ancora sogno.
Al mio risveglio, loro acquattati dietro i soliti oggetti, una striscia rossa sul naso mi parla di un probabile duello di pace…

Finita la momentanea suggestione, quasi li invito a tornare stanotte…
…a baciarmi la ferita, in segno di già pre-accolte scuse.

– diegofanelli –

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La Noce di Marie

Una noce aperta ti lascio, Marie, precisamente il suo gherìglio interno ancora unito.
L’ho stretto dolcemente toccandomici la fronte: è così rugoso e particolarmente agglomerato che sembra un cervello.
Lo poso sul letto mentre io m’addormento. Ora rotola all’indietro, supera solchi di lenzuola pulite e cade giù…
L’impatto arriva col pavimento, e così immagino che le idee di quel “frutto-mente” si disperdono…idee che ora puoi mangiare, in diaspora sotto le micro tumefazioni inferte dalle piastrelle.
Idee in noce, cervello in frutto.
Penso: ché Marie raccolga pure i pezzi di emisfero frantumati, e lo faccia con la sua lingua!
Che sia tramonto e sia alba, Marie, senza che ti manchino noci cadenti da lenzuola candide; espongano pure la propria natura razionale e istintiva all’urto tragico sul piano di mattonelle ottuse!…
Hai presente i tuoi sogni?
Sogna che il letto si inclini, Marie! E che favorisca la discesa di nuove noci, le pieghe del lenzuolo gli siano strada…
Il tuo muso toccherà quel magma cerebrale rugoso, ed esso, si frantumerà ancora sotto le tue fauci teneramente bramose: che il tuo naso segua ogni singola traccia odorosa di quei gherìgli di sapere; voglio che ti siano dono mentre dormo al di sopra del letto…affinchè tu possa, per una notte almeno, sapere quanto ti amo secondo gli anfratti della “mia” mente, dei “miei” modi di pensare, dei quali ti sei giocosamente rifocillata.
Perché ogni giorno ti guardo e so che non posso parlarti con la consapevolezza che le mie parole ti arrivino intese; cosicchè, io ti disperdo tanti piccoli gherìgli che prima hanno toccato la mia fronte…
Per osmosi, dal mio cervello, assumano l’essenza del linguaggio benevolo e benevolente che nutro per te; e tu nutriti di me, mangiami ogni lessico, fallo scrocchiare mentre mi appisolo…
Mangiami ogni lessico, te lo ripeto, componici frasi che ti siano sempre faro nel viaggio acqueo che ti porta all’amarmi…
E da cui, per mia fortuna, non conosci ritorno…

(diegofanelli)

Nota dell’autore: ho scritto questo pezzo (anche questo) con una splendida canzone nelle orecchie. Se vi va, fate altrettanto nel leggerlo.
Finirete molto prima di aver ascoltato tutta la canzone (dura 13 minuti circa), allora magari fate così: iniziate con l’ascoltare la canzone, appena ve ne sentite “presi” (vi consiglio di attendere un pochino), iniziate la lettura.
Band: Industries of the Blind
Song: Waiting and waltzing in airport terminals

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Cosa prova un uomo? (rispondo ad una domanda su Sarahah)

Sai,
in realtà l’unico arcano che dovremmo svelare, tutt’al più, è l’eventuale veridicità di questo quadro idilliaco nel quale io sarei il protagonista.
Non voglio eludere la tua domanda, ma è bene premettere la necessità di ridurre il tutto alle giuste proporzioni.

Detto questo, entriamo nel merito, supponendo che tale immaginario sia vero.
Cosa prova un uomo…
Ti dico cosa provo io, ok? (non credo dirò nulla di particolarmente originale, comunque).

Beh, la mia parte narcisista, gongola.
Come potrebbe essere altrimenti?
È un dolce perdersi il mare dove siamo accarezzati dalle acque dell’adulazione e della percezione dell’essere desiderati; in esso, ci illudiamo di poter sospendere ogni istanza d’umiltà e di poter godere (esclusivamente noi) della voluttà che ne deriva.

Ma Diego non è solo Narciso: quando mi guardo allo specchio so che c’è anche molto altro dentro di me!
E questo molto altro ha il compito di tirarmi fuori dal turbine della passione che tutto fagocita; esso cerca di farmi tornare il più possibile coi piedi per terra…

…ché io stesso potrei non essere così meraviglioso;

…ché non tutto è come sembra;
…ché non tutto è passione travolgente;
…e non tutto è d’erotica, di corteggiamenti e di sesso.

Naturalmente, prima di essere tratto in salvo, godo con tutta l’anima e tutto il corpo della perdita delle inibizioni!
Non c’è nulla di male nel naufragare e godere, basta sapere quando (e come) tornare sulla terraferma.

Non so se ho risposto completamente alla tua domanda, forse ho un po’ divagato dando conto ad una esigenza più personale di esprimere questi concetti; ma spero di sì.

Discutiamo di quanto me la canto e me la suono su: dirgo.writer.sarahah.com!!!

Ahahahhahaha

– diegofanelli –

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Muttley e me

Si è messo zampe all’aria, mostrandomi la pancia.
L’ho accarezzato due o tre secondi e poi ho fatto per rigirarlo zampe in basso ma, irrigidendo una di esse e facendo leva sul mio avambraccio, è sembrato comunicarmi che no, due o tre secondi non fossero abbastanza.

Così ho ripreso ad accarezzarlo sul pancino e lui proseguiva a leccarmi il polso rimasto umido dalle abluzioni.
Rieseguivo con affetto piccoli graffietti sul suo ventre, stavolta facendo finta di terminarle dopo lo stesso intervallo di tempo: stessa reazione, non dovevo smettere!
Lo confesso, l’ho fatto un altro paio di volte; mi piaceva aver capito, ed indugiarvi, che ci fossimo sintonizzati a livello comunicativo.
Per ricompensarlo di questa sua pazienza ho concluso il tutto con una tripla razione di coccole in quella posizione, stavolta di durata indefinita.

Muttley non ha mai avuto accesso alla mia stanza da letto; è stata una regola che ho stabilito sin dall’inizio, che gli ho insegnato a rispettare e a cui lui si è sempre attenuto (se escludiamo le fasi dei temporali: lì ci entra per cercare protezione, con una carica di tenerezza tale verso la quale non posso e non voglio resistere).
Da pochissimo però ha iniziato a guadagnare metri verso il capo del mio letto ed io, più o meno consciamente, ho iniziato a fingere di non accorgermene…

…fino a due mattine a questa parte: sentendo la sveglia, raggiunge l’altezza del mio braccio, ancora con circospezione, e attende il mio risveglio per farsi accarezzare abbondantemente…

Io, pur sapendo di aver stabilito un’eccezione alla regola, d’ora in poi più delicata da gestire, mi sono reso conto di essere come lui prima – nel soggiorno -, nella stessa posizione a parti invertite: sono colui a pancia in su che chiede all’altro, hey, rimani ancora qualche secondo, mi sono mancati questi buongiorno che odorano di te…

Mentre sono ancora in bilico tra la veglia e il sonno e la mia mano si contorce in una danza col suo corpo alla ricerca delle medesime attenzioni, la natura mi confida il suo segreto…
…che si cambia, in moto perpetuo; e un cane non smette mai di obbligarti a farlo, interpolando le sue necessità sincere alla tua umanità.

– diegofanelli –
(la foto al mio piccolo tornado l’ho scattata io; meraviglioso vederlo correre, sembra proprio felice!)

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Quota del caos

Le parole inserite nell’immagine sono nate e fluite mentalmente nel mezzo di un ascolto combinato di “Il sogno degli anni ’70” e “Fine di Una Relazione”, canzoni del gruppo “Diaframma” presenti nell’album “volume 13”.

Guidavo, creavo, ed ho cercato di fissarne l’idea di fondo con l’accenno di qualche frase chiave.

Tutto continuava a suggerirmi di lasciarmi andare…

– diegofanelli –

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