Cash Machine

Hey!; una voce non prevista.
Merda, muoviti!
Cazzo succede?!!; la voce pericolosamente sempre più vicina.
Ci fottono, oggi ci fottono!
No che non ci fottono…
Cazzo fai?!!
Dritto sul viso. Un pugno mancino in faccia e la voce non fa più paura.
I due corrono dalla parte opposta, lungo la strada buia. Lavoretto finito.
Due uomini a terra: il primo, rapinato; il secondo, ricorderà spesso ai pranzi di famiglia di quella volta che gli fecero saltare due denti e svenire per aver cercato di impedire un crimine.

Al tavolo, i suoi parenti annuiranno con gran sussiego; soprattutto sua figlia che stringerà con orgoglio sofferto la mano sinistra di suo marito.
La stessa mano che aveva steso suo padre.
Tanto nessuno avrebbe mai saputo nulla…

Sshhh.

-diegofanelli-

 

Wonderwall

Che caldo quel giorno.
V. ci invitò nella sua immensa casa di campagna.
Una decina di adolescenti d’età varia; i più grandi avevano, chi i motorini, chi gli scooter; i più piccoli li invidiavano.
Con MTV in heavy rotation sul televisore, V. interruppe il video di turno inserendo una VHS di un concerto degli Oasis, la band del momento.
Attaccarono con Wonderwall, e i due “bravi” ragazzi Gallagher ci sbatterono in faccia con strafottenza il sound che stava conquistando il panorama musicale mondiale.
G. cominciò a baciare P., li potevamo guardare tranquillamente – lo stavano facendo davanti a tutti -, e poi, sempre G., mise le mani sotto la maglietta di P.; da quel momento tutti noi altri riprendemmo discretamente a guardare la TV.
Sorpresi M. guardare con desiderio V..
Io, che ero steso su una sedia a sdraio, chiusi gli occhi e cominciai a immaginare L.: mi proiettai assieme a lei in camera sua, a guardarla come M. guardava V. e a occuparmi della sua maglietta come G. si preoccupava di stropicciare quella di P….
Pensai di chiamarla.
Aprii gli occhi.
Chiesi a V. di prestarmi la videocassetta.
Tornai a casa fiondandomi al telefono fisso, ma mia madre parlava con le mie zie nella stessa stanza dov’era installato l’apparecchio. Ne avrebbero avuto per molto a parlar di politica, lo sapevo, mentre io non volevo far altro che parlare con L. e trovare il coraggio di chiederle di vederci.
Andai nella mia camera e attesi.
Occhetto, Berlinguer, D’Alema si frapponevano tra me e quel dannato telefono.
Eravamo in quella parte dei ’90s in cui i cellulari erano ancora un lusso…
-diegofanelli-

 

Sweetheart come

Com’eri bella, delicatamente seduta su quel sedile.
Roma era alle spalle; e i tuoi capelli, mettevano in rilievo il sorriso che rivolgevi a tuo padre e tua sorella, mentre il treno, ritmicamente sulle rotaie, batteva sussultoriamente verso i nostri corpi il classico rumore dell’andare.
Così, io mi facevo “lettore di movimenti” in una carrozza nell’anno 2002: verso sud, verso l’alto dal basso, verso tuo padre, verso tua sorella…e del mio, che sospendevo verso te.
Ti guardavo, immaginando di potermi muovere e raggiungerti con un bacio; e nella poetica, struggente frustrazione della mia volontà, una canzone nelle orecchie t’invitava…
“Sweetheart come…sweetheart come…sweetheart come…”
“Tesoro vieni…tesoro vieni…tesoro vieni…”
…contro il treno.
…contro ciò che testardamente fingevo di non volere.
…e finalmente conoscere il tuo nome.
-diegofanelli-

 

Nothing Else Matters

Com’è che gli venne in testa di chiedermi di cantare Nothing Else Matters, non saprei dire.
Fatto sta che accettai! (mi intrigava molto la cosa); così, tre ragazzi, tra i sedici e i diciassette anni, si videro per qualche giorno a casa di uno di loro, le chitarre imbracciate da M. e G., e io, col testo di questo pezzone dei Metallica, a cercare di non fare troppi danni.
Negli anni ho sviluppato una certa abilità nel cantare – facendo anche qualche riuscita esibizione dal vivo -, ma nel lontano ’96, era tutto un po’ acerbo: canticchiavo Bon Jovi sotto la doccia, ok (e nelle orecchie della mia pazientissima cara amica G.), però, prepararsi per poi riproporre la cosa davanti a un pubblico era ancora troppo.
E la conferma non si fece attendere.
Riuniti con i compagni di sempre, M. e G. se ne uscirono così: “Hey, ma lo sapete che noi stiamo provando Nothing Else Matters dei Metallica? Diego la canta!”
Merda, ero fottuto!
Tirarono fuori le chitarre (ma dove cazzo le avevano??), e cominciarono col leggendario riff…
Ero imbarazzatissimo.
Non mi sentivo pronto.
Era come se non volessi rischiare di sbagliare, come se non volessi sporcare l’immagine perfetta autoproclamata di me stesso…
Boicottai il tutto dicendo di non ricordare per bene le varie parti.
Oggi, per fortuna, una delle lezioni che cerco di tenere sempre a mente (e non è facile, mortacci!) è: “Non aver paura di sbagliare. Non aver timore di rischiare, di esporti. Certo, non essere incosciente, ma, nei limiti del buon senso, vivi pienamente la vita, con le sue belle e le brutte figure!”
Insomma, una sana applicazione del: “fanculo, facciamolo!”
-diegofanelli-

Open Your Eyes

Scrivo queste parole con Open Your Eyes in loop nelle orecchie.
A tutto volume (e grazie al cazzo, direte voi, vero? Spero lo stiate affermando, infatti!).

Questo pezzo fece il botto, letteralmente il botto all’epoca.
Io ne fui travolto.
La voce di Sandra Nasić mi perseguitava ovunque: quando non era in radio, era nella mia mente.
Nel 1997 avevo diciassette anni.
Ballavo come un pazzo questa canzone, sottoponendo la mia cervicale a forze g che adesso mi potrei solo sognare…

Ma vi posso garantire che, se voleste vedermi impazzire in preda a energici sbalzi ritmati senza che mi fermi dal primo all’ultimo secondo, dovreste mettere su questa canzone dimenticandovi il limite della manopola del volume (ma eviterei i movimenti del collo, quelli sono ormai andati…).

Lunga vita alla voce di questa donna!

-diegofanelli-

Una granita

Una granita,
un lontanissimo sottofondo musicale rock, un venticello che illude nel far finta di essere già eco di un’estate che passa…
…pensieri in rivolta: guerresca diatriba tra lo scrivere dolce e il tagliare come un fendente di spada.
Scelgo il primo elemento della dicotomia mentre leggo di due giovani in un libro: lui tocca i tasti di un pianoforte, e lei declama, con voce rauca e sensuale, qualcosa di Garcia Lorca…
…un lunedì alternativo: sono le 10.50; e il cuore non ha alcuna fretta…

– diegofanelli –

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