NÉ QUI NÉ ALTROVE, di GIANRICO CAROFIGLIO, la MIA RECENSIONE (NO SPOILER)

Giampiero,
quello dalla strada spianata: suo padre notaio, lui avrebbe fatto altrettanto.
Paolo,
l’amante della filosofia ma che aveva dovuto ripiegare sul diritto.
E poi lui,
scelti gli studi giuridici perché semplicemente non sapeva per cos’altro optare; l’eterno evanescente tra i tre!Conosciutisi al ginnasio, in realtà, si frequentano seriamente a partire dalla facoltà di Giurisprudenza; vivono la loro amicizia intensamente fino a quando, un giorno, si perdono di vista: le strade, come si suol dire, si dividono.
E sembra sia per sempre; finché una telefonata riporta in vita tutto il meccanismo, gli ingranaggi dell’orologio del tempo della loro storia in comune devono ripartire e confrontarsi con un salto di oltre vent’anni dal blocco.

In chiave d’analisi, “Né qui né altrove”, di Gianrico Carofiglio, ha già tutto nel titolo, segnando quel periodo della nostra vita in cui non ci si rende conto della sospensione nella quale si vive: concettualizzazione travolta dall’immanenza della semplicità del “noi”, variabile indipendente dal dove fossimo, dal tempo che occupassimo e dal chi ancora non fossimo stati (più o meno) costretti a diventare.
Nel libro, quell’orologio, ci viene presentato come il quadrante del quale, pur interpellandolo continuamente durante il giorno, facciamo fatica a descriverne le fattezze (lancette, segmenti, numeri…); ed eccola la condizione “né qui né altrove”!: le nostre soggettività che, cristallizzate, fintamente sicure fagocitano quel periodo della vita, prima che essa arrivi a modificare l’ordine privo di responsabilità: difensore “dalla” paura di crescere, decidere, accudire; dal dover avere nostalgia e tenendoci alla larga da alcune domande le quali solo la definizione disillusa del futuro ci chiederà con insistenza di porre.

Bari è sullo sfondo da sempre, eppure, anche la città, solo ora, inizierà paradossalmente ad essere percepita come contorno netto, divenendo un “qui” (il “qui”, appunto), narrato dettagliatamente, denudato, ad esporre tutta la sua contraddittoria bellezza.

Accadranno delle cose, perché ad esse è arrivato il momento di dare conformazione, e tramite le quali incidere fatalmente quella maledetta sospensione; in un gioco dove il territorio è la partenza dalla quale ricavare una mappa descrittiva, e da cui cercare e, forse trovare, le rispettive strade con occhi più veri…

Tutto, a partire da una telefonata che arriva dopo oltre vent’anni: “Indovina chi sono?”

Già, chi siamo?

– diegofanelli –

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