“Il disagio del non possesso sta diventando per te una condizione inaccettabile”.
Racchiuderei così le dinamiche contenute in questo romanzo, “Nei miei giochi di fantasia”, di Paolo Perlini: tutto nella battuta che il professore di matematica di Michele e Daniele rivolge a quest’ultimo.
Daniele ha qualche problema di natura espressiva legata alla parola, contorce il viso quando è preda di qualche blocco, ed è fissato con Loredana: la sua vita le ruota attorno, assieme alle strategie per poterla conquistare – risultato del quale è convinto a priori senza possibilità di errore -; Michele è suo amico e si avvicina pacatamente all’arte della musica, allo studio del pianoforte.
Gli strumenti, le note, le armonie, le melodie e le voci che canteranno, saranno l’involucro dentro il quale le loro vicende si dipanano, sia in termini di evoluzione personale che transazionale, un loop a spirale dove bontà e ossessione s’incroceranno: quest’ultima mitigata ogni volta illusoriamente (vista l’età dei protagonisti e la patina di resilienza che contraddistingue le pagine del romanzo); l’altra, la prima, sarà in continua azione e reazione con la seconda, a subire suo malgrado le fiamme di un fuoco silenzioso, ma non meno distruttivo, risultato della loro dicotomica relazione amicale.
Il libro è di piacevole lettura, scorre amabilmente senza gridare al miracolo letterario: crea spazio, con abilità, al sospetto che qualcosa dietro l’apparente normalità fisiologica del rapporto tra due amici che si accompagnano a vicenda nel mondo pre-adulto, stia fecondando in sotterranea – non proprio linearmente -, una futura sorpresa carica di mistero.
Ognuno ci è passato; la chiamerò la fase del “tutto fuori dal resto”: dove il resto non è ancora il mondo disilluso; e dove il tutto è l’amicizia – e i sogni -, di cui essa è madre feconda in coppia con matrigna giovinezza…
…spesso, in questa fase ci sentiamo liberi di agire ma, potrebbe accadere un giorno, di scoprire che quella libertà non è stata altro che un miraggio del quale siamo stati vittime manipolate; perché, di qualcuno, siamo stati oggetti del possesso…
– diegofanelli –
(immagine presa da internet)
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