Scritti Veloci Da Sobrio – N. 2

Inizia dalla fine, ogni lettura del narcisista.

Certo, ci sono già i manga che si leggono al contrario, ma pur sempre in una logica “Alfa-Omega”; il narcisista, invece, “finisce” per “iniziare”: Omega-Alfa. Parte dalla fine per poter tornare all’inizio e vedere com’è che si è arrivati a quella particolare conclusione.

“Ti piace quello che vedi?”. In alto a destra così dice il monitor del pc, l’ha pure sottolineata a mente con un rosso violaceo la scritta; un salvaschermo random, due cigni, una lente d’ingrandimento al centro e un’altra didascalia che non vuole mettere a fuoco.

Omega-Alfa: il narcisista ruota il capo e l’immagine dei cigni si fa obliqua; vorrebbe mettere tutto sottosopra, come al solito, ma la pigrizia scava fossi in cui seppellisce le energie per mettersi completamente a testa in giù; e da un nido accidioso, invoca la fantasia per nutrirsi di altri particolarissimi contrari…

Due proiettili: i due cigni cadono, e sono più obliqui di prima. Sorride il narcisista: la prossima volta sarà meglio immaginarne quattro: scalfiranno l’aria, spingeranno con più forza, penetrandole, le due creature sulla superficie liquida, che saranno ribaltate, in acqua, da un paio di “spinte appuntite” a testa.

…e partirà così anche questa strana lettura: da una “fine”.

“Ti piace quello che vedi?”

Il narcisista annuisce: è pronto per andare alla volta della via che avrà condotto tutto alla conseguenza dell’ “Omega dei cigni”…non potendo, per sua natura, ravvisare in anticipo le proprie colpe…Oh sì!, tutto inizia sempre facendo finta di leggere uno strano manga di qualcun altro!

Illuso!

08/01/2019

-diegofanelli-

***Scritti Veloci Da Sobrio:
Parole buttate giù velocemente in momenti di quotidianità che mi vedono privo di sostanze alcoliche in corpo. In principio voleva essere un conteggio degli scritti dati alla vita in un periodo di astinenza dal consumo di birra o vino…diciamo che è finita col diventare una via di mezzo dei due intendimenti.***

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“IL POZZO”, di Juan Carlos Onetti – LA MIA RECENSIONE/RIFLESSIONE (NO SPOILER)

Si odora le ascelle, Eladio.
Passa il naso da una all’altra muovendo la testa, e la barba incolta gli graffia la pelle.

Eladio Linacero, guardandosi indietro, non avrebbe mai immaginato di trovarsi a vivere in una stanza sudicia ad osservare oltre la finestra la vita degli altri accadere.
Limitato dal perimetro della camera da cui vede fluire le esistenze dei suoi vicini, vive una sorta di paradossale condizione da matematica degli insiemi: il cortile giù è un po’ come un metaforico insieme che collide, senza mai penetrarlo, con quello rappresentato a sua volta dal suo tugurio, e la linea lungo la quale il contatto tra i due avviene, stride per la mancata intersezione.
Non c’è speranza in tal senso: per quanto i due elementi entrino più o meno quotidianamente in contatto, non vengono mai a crearsi due punti capaci di sottendere un’area di condivisione. Egli non vive, sopravvive in uno sforzo di sublimazione continuo raccontandosi storie la cui funzione è: riprendere la realtà racchiusa in strani aneddoti, affiancarla alla fantasia, e tentare di ricevere un sì altrui alla domanda inespressa del: “mi comprendi attraverso ciò che racconto?”

Le storie che Eladio presenta (è un continuo entrarvi ed uscirvi, sempre sul filo della perdita onirica della realtà), sono quindi il ponte simbolico tra i due mondi prima identificati come due insiemi, l’atto più estremo che egli, nonostante il suo stramaledetto e inguaribile scetticismo, deve riconoscersi necessariamente per non ammettere di essere un perdente: ogni tentativo è il movimento di una gomma atta a cancellare la linea di impenetrabile congiunzione disegnata alla base della finestra, dovrebbe liberare spazio in cui tracciarvi poi un insieme “terzo”: un alveo di pace entro cui perdonare (che illusione!) il fatto che “tutto nella vita è merda”, citando precisamente.

Ma l’area “terza” sottesa dall’intersezione sperata si cancella sempre troppo rapidamente, anche quando quelle storie rimangono esclusiva della sua mente e la persona da raggiungere è solo l’immagine inventata di una prostituta: la vede mostrargli la spalla sinistra, ma non c’è voluttà inclusiva, no, s’infrangono tutte le sue illusioni sulla spalla stessa, dal momento in cui egli la nota arrossata mentre la donna esclama: “che bastardi, non si radono nemmeno…”
…si odora le ascelle, Eladio…
…passa il naso da una all’altra muovendo la testa, e la barba incolta gli graffia la pelle…

E poi c’è sempre quel ricordo: sì, quello dell’avventura della capanna di tronchi…

Juan Carlos Onetti attraverso una prosa meravigliosa, restituisce al lettore, con un romanzo brevissimo, una poesia in narrazione potente, struggente, malinconica.
Un uomo solo, Eladio, che, arrivato a ridosso dei quarant’anni, scrive la sua storia; e non vuole mentire perché lo odia!

“Il modo più ripugnante di mentire”, dice, “è dire la verità però occultando l’anima dei fatti”, ed Eladio, di anima, ce ne metterà oltremodo…

-diegofanelli-

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“LA SETTIMANA BIANCA”, di Emmanuel Carrère – LA MIA RECENSIONE (NO SPOILER)

Se la macchina in cui Nicholas siede in questo momento fosse la sua mente stessa, questa, nell’arrampicarsi tra tornanti innevati della montagna sulla cui vetta attende lo chalet che dovrà raggiungere, si muove sospesa tra, cemento-simbolo della stabile quotidianità sotto le gomme, e immaginazione-fluttuante come fiocchi di neve in caduta libera, sopra il tettuccio della berlina in cui viaggia.

Suo padre non gli ha concesso di andare in pullman con gli altri ragazzi; la settimana bianca la farà, d’accordo, a patto però che lo accompagni lui fin lassù: c’è stato un drammatico incidente tempo addietro, un autobus con dei ragazzini ne è stato coinvolto, e suo figlio non rischierà la stessa fine.

Il piccolo è impacciato, timido, e l’arrivo in compagnia del genitore non fa altro che farlo sentire ancor più diverso.
E si aggiunge pure un imprevisto: ha dimenticato lo zaino nel bagagliaio della macchina paterna: la ciliegina sulla torta dell’ulteriore disagio che dovrà assaporare nell’attesa che quegli se ne accorga e che torni a consegnarglielo; intanto, dovrà confidare negli altri; bella fregatura per chi come lui è così chiuso.

Chi gli presta, ad esempio, uno dei tre pigiama che avevano ricevuto raccomandazione di portare?

Dopo un lungo silenzio e qualche risatina, si fa avanti soltanto Hodkann, il più alto e temuto della classe, che così, stabilisce con lui un contatto.

È la prima notte, e Nicholas si sveglia nel bel mezzo del buio col suo liquido seminale che ha deciso di fargli una brutta sorpresa: farsi sentire appiccicaticcio sull’indumento donatogli dal nuovo amico.
Cazzo, e adesso?

Da qui, tutta una serie di eventi, una danza ondeggiante tra torbido e chiarore; la giostra della navicella-Nicholas: montagne russe del fantastico erette per codificare e de-codificare la realtà dura che sembra dipanarglisi davanti sempre più inesorabilmente.

La sua fervidissima mente, è una macchina che ascende, in sospensione, lungo le curve di una vetta alla tragica scoperta della molteplice faccia dell’immaginazione: che è magia salvifica e al contempo condanna.

La machina va, verso lo chalet meta di una settimana bianca…
…seme pallido di vita cruda, destabilizzata nel suo ordinario che diviene quindi sordido orrore.

– diegofanelli –

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Sparizioni

Sarà anche che adesso cada prima il giorno e che accada la sera;
…ma preferisco l’effetto sparizione, il prodigio del mago che scompare anziché un giorno continuo senza notte su cui traslare le mie fantasie…

– diegofanelli –

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NEI MIEI GIOCHI DI FANTASIA, di PAOLO PERLINI, la mia recensione (NO SPOILER)

“Il disagio del non possesso sta diventando per te una condizione inaccettabile”.

Racchiuderei così le dinamiche contenute in questo romanzo, “Nei miei giochi di fantasia”, di Paolo Perlini: tutto nella battuta che il professore di matematica di Michele e Daniele rivolge a quest’ultimo.

Daniele ha qualche problema di natura espressiva legata alla parola, contorce il viso quando è preda di qualche blocco, ed è fissato con Loredana: la sua vita le ruota attorno, assieme alle strategie per poterla conquistare – risultato del quale è convinto a priori senza possibilità di errore -; Michele è suo amico e si avvicina pacatamente all’arte della musica, allo studio del pianoforte.

Gli strumenti, le note, le armonie, le melodie e le voci che canteranno, saranno l’involucro dentro il quale le loro vicende si dipanano, sia in termini di evoluzione personale che transazionale, un loop a spirale dove bontà e ossessione s’incroceranno: quest’ultima mitigata ogni volta illusoriamente (vista l’età dei protagonisti e la patina di resilienza che contraddistingue le pagine del romanzo); l’altra, la prima, sarà in continua azione e reazione con la seconda, a subire suo malgrado le fiamme di un fuoco silenzioso, ma non meno distruttivo, risultato della loro dicotomica relazione amicale.

Il libro è di piacevole lettura, scorre amabilmente senza gridare al miracolo letterario: crea spazio, con abilità, al sospetto che qualcosa dietro l’apparente normalità fisiologica del rapporto tra due amici che si accompagnano a vicenda nel mondo pre-adulto, stia fecondando in sotterranea – non proprio linearmente -, una futura sorpresa carica di mistero.

Ognuno ci è passato; la chiamerò la fase del “tutto fuori dal resto”: dove il resto non è ancora il mondo disilluso; e dove il tutto è l’amicizia – e i sogni -, di cui essa è madre feconda in coppia con matrigna giovinezza…

…spesso, in questa fase ci sentiamo liberi di agire ma, potrebbe accadere un giorno, di scoprire che quella libertà non è stata altro che un miraggio del quale siamo stati vittime manipolate; perché, di qualcuno, siamo stati oggetti del possesso…

– diegofanelli –

(immagine presa da internet)

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