“LA SETTIMANA BIANCA”, di Emmanuel Carrère – LA MIA RECENSIONE (NO SPOILER)

Se la macchina in cui Nicholas siede in questo momento fosse la sua mente stessa, questa, nell’arrampicarsi tra tornanti innevati della montagna sulla cui vetta attende lo chalet che dovrà raggiungere, si muove sospesa tra, cemento-simbolo della stabile quotidianità sotto le gomme, e immaginazione-fluttuante come fiocchi di neve in caduta libera, sopra il tettuccio della berlina in cui viaggia.

Suo padre non gli ha concesso di andare in pullman con gli altri ragazzi; la settimana bianca la farà, d’accordo, a patto però che lo accompagni lui fin lassù: c’è stato un drammatico incidente tempo addietro, un autobus con dei ragazzini ne è stato coinvolto, e suo figlio non rischierà la stessa fine.

Il piccolo è impacciato, timido, e l’arrivo in compagnia del genitore non fa altro che farlo sentire ancor più diverso.
E si aggiunge pure un imprevisto: ha dimenticato lo zaino nel bagagliaio della macchina paterna: la ciliegina sulla torta dell’ulteriore disagio che dovrà assaporare nell’attesa che quegli se ne accorga e che torni a consegnarglielo; intanto, dovrà confidare negli altri; bella fregatura per chi come lui è così chiuso.

Chi gli presta, ad esempio, uno dei tre pigiama che avevano ricevuto raccomandazione di portare?

Dopo un lungo silenzio e qualche risatina, si fa avanti soltanto Hodkann, il più alto e temuto della classe, che così, stabilisce con lui un contatto.

È la prima notte, e Nicholas si sveglia nel bel mezzo del buio col suo liquido seminale che ha deciso di fargli una brutta sorpresa: farsi sentire appiccicaticcio sull’indumento donatogli dal nuovo amico.
Cazzo, e adesso?

Da qui, tutta una serie di eventi, una danza ondeggiante tra torbido e chiarore; la giostra della navicella-Nicholas: montagne russe del fantastico erette per codificare e de-codificare la realtà dura che sembra dipanarglisi davanti sempre più inesorabilmente.

La sua fervidissima mente, è una macchina che ascende, in sospensione, lungo le curve di una vetta alla tragica scoperta della molteplice faccia dell’immaginazione: che è magia salvifica e al contempo condanna.

La machina va, verso lo chalet meta di una settimana bianca…
…seme pallido di vita cruda, destabilizzata nel suo ordinario che diviene quindi sordido orrore.

– diegofanelli –

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