Il latte bianco caldo tocca appena le mie labbra.
Rileggo una frase da La Coscienza di Zeno che ho evidenziato a futura memoria: “…così dolce e buono e paziente. Certo, non avevo dimenticato che poco prima avevo voluto ucciderlo, ma ciò non aveva alcun’importanza perché le cose di cui nessuno sa e che non lasciarono delle tracce, non esistono.”
La leggo ancora un’altra volta, ma solo dopo l’arrivo del liquido candido sulla lingua, poi fino in gola e giù verso l’ignoto di me.
Zeno aveva fantasticato di uccidere Guido, suo rivale in amore, ma, cambiato proposito, e nel contendersi questa muta, scomoda, consapevolezza, si affranca dalla colpa affermando il paradigma: se nessuno sa – e non vi sono tracce -, una cosa, non esiste.
Mmm
Ero seduto allo stesso bar tempo fa, però ai tavolini fuori.
Una coppia mi sedeva distante pochi metri.
Non si parlavano.
Nemmeno una parola; e avvertivo una certa tensione tra i due, mista a fastidio reciproco.
A un certo punto lui ha qualche problema nel deglutire, nulla di preoccupante, ma inizia a tossire nel tentativo di liberarsi.
Mi colpì vedere l’assoluta indifferenza della signora…
…chissà se aveva letto Svevo: vedova senza colpa in caso di morte, oscura tessitrice senza macchia di congiure in caso di cessato pericolo.
In silenzio.
Mentre il latte bianco perde ogni candore, nell’ignoto di me.
-diegofanelli-