Latte bianco caldo

Il latte bianco caldo tocca appena le mie labbra.

Rileggo una frase da La Coscienza di Zeno che ho evidenziato a futura memoria: “…così dolce e buono e paziente. Certo, non avevo dimenticato che poco prima avevo voluto ucciderlo, ma ciò non aveva alcun’importanza perché le cose di cui nessuno sa e che non lasciarono delle tracce, non esistono.”
La leggo ancora un’altra volta, ma solo dopo l’arrivo del liquido candido sulla lingua, poi fino in gola e giù verso l’ignoto di me.

Zeno aveva fantasticato di uccidere Guido, suo rivale in amore, ma, cambiato proposito, e nel contendersi questa muta, scomoda, consapevolezza, si affranca dalla colpa affermando il paradigma: se nessuno sa – e non vi sono tracce -, una cosa, non esiste.

Mmm
Ero seduto allo stesso bar tempo fa, però ai tavolini fuori.
Una coppia mi sedeva distante pochi metri.
Non si parlavano.
Nemmeno una parola; e avvertivo una certa tensione tra i due, mista a fastidio reciproco.
A un certo punto lui ha qualche problema nel deglutire, nulla di preoccupante, ma inizia a tossire nel tentativo di liberarsi.
Mi colpì vedere l’assoluta indifferenza della signora…

…chissà se aveva letto Svevo: vedova senza colpa in caso di morte, oscura tessitrice senza macchia di congiure in caso di cessato pericolo.

In silenzio.
Mentre il latte bianco perde ogni candore, nell’ignoto di me.

-diegofanelli-

Un bar chiude, ok?

Un bar chiude, ok?
E che ne è del tizio che l’ha mandato avanti per una vita?

Me lo chiedo perché – quante volte ci sarò passato davanti?, centinaia di volte? – beh, ho sempre visto quel bar prossimo alle sembianze di un deserto per assenza di avventori…

E a ogni passaggio, la mia testolina dava fuoco alle polveri: ma perché cazzo non chiude; sta sempre lì, perennemente dentro, mattina presto fino a sera; per che cosa?
Non c’è stata una volta, di quelle centinaia, che io non abbia pensato a questo.

Qualche giorno fa l’ho visto fuori (hey, cazzo succede??!) e dentro c’era tutta l’aria di dismissione in corso.
Vuoi vedere che?…
…oh, io ci sarò passato altre tre quattro volte da quel momento, e lui era sempre lì fuori.
Sì, decisamente chiusura in corso.

The End.
A che pensava?
Al fatto che avrebbe dimenticato come si fa un cappuccino? Ma quanti ne faceva al giorno?; forse l’aveva già scordato da un pezzo – almeno a farne di buoni -; d’altronde, io una volta c’ho pure provato a entrarci e non è che fosse dieci e lode, tutt’altro…

E allora?
A che pensava?
A cosa ne sarebbe stato di lui?
Oh, me lo sto chiedendo anch’io.

Dove va a finire un barista che chiude il suo bar fallito?

Che fine fanno i cappuccini brutti?

-diegofanelli-

Non è un paese per vecchi – NO SPOILER

Finito di leggere adesso.
La narrazione di tipo filmica mi ha preso da subito facendomi immaginare avrei mantenuto lo stesso interesse fino alla fine.
Pur confermando una discreta impressione circa lo stile, confesso di aver man mano accusato una perdita di mordente, la speranza di finire faceva capolino con un pizzico d’insofferenza.
Perché?
Le storie raccontate a un certo punto si sfilacciano, tradendo la promessa iniziale del classico puzzle che procede dal disordine all’ordine con dovizia di particolari.
Ho fatto fatica a ricondurre i vari dettagli alle rispettive caselle, a causa di un ordine temporale sfalsato non propriamente ben gestito e di alcuni personaggi (rimango sul vago, apposta) che spariscono di scena all’improvviso dopo pomposi preamboli.

-diegofanelli-

DA LEGGERE?
NI.

On A Tuesday in Amsterdam Long Ago

Lungo i ponti di Amsterdam; una promessa, una bugia, un addio ancora taciuto.
Tornerò sugli stessi archi fiamminghi sopra i canali; sarà futuro, nuovo presente. Per un istante, ricorderò la tua fiducia tradita, poi, sparirà, nella bellezza d’Olanda, la colpa.
-diegofanelli-

Another Day in cosce

Another Day in Paradise.
Pochi secondi fa passeggiavo con Muttley; dalle casse di un locale sento il piano inconfondibile di questo pezzo, la voce di Collins leggendaria in un misto di secca interpretazione ed effetto metallico opportunamente modulato.

Ho 39 anni.
In un giorno del 1989, con l’aiutante catechista eravamo impegnati in uno spettacolo; una miscela di esibizioni, chi recitava, chi ballava.

In prima battuta avrei dovuto interpretare un piccolo Gesù Bambino nella scena della Natività; poi, mi fu affidato l’Arcangelo Gabriele che annuncia a Maria la notizia della divina gravidanza.

Io guardavo solo le cosce delle mie amiche wannabe dancers, mentre provavano il balletto sopra il pezzo di Phil…

Ricordo quei minuti.
Sorseggio un latte bianco caldo, al tavolino di un bar.
Mi piacciono le cosce delle donne.
Fine.

-diegofanelli-

#5 Trash e Riflessioni sul Contrario

Tra Hermann Broch, Tommaso Labranca e…Pirandello.
Trash.
Si sbotta facilmente di fronte a ciò che consideriamo spazzatura: dalla TV fino a ogni cosa non propriamente di “elevata cultura”, ricorre spesso (e talvolta a gran ragione) l’emissione di un giudizio negativo e negativizzante tout court.
Eppure, osservando a trecentosessanta gradi la complessità di cui siamo costituiti – e che ci circonda -, potremmo imbatterci in una riscoperta del trash, che, fin quando fruito ed esercitato in termini consapevoli, ha, con ogni probabilità, diritto di cittadinanza esattamente quanto le istanze più profonde della conoscenza.
Nella puntata, una miscela più o meno ingarbugliata del mio pensiero al riguardo.

-diegofanelli-

Le fonti utilizzate nella puntata:
-video intervista a Tommaso Labranca, dal sito sulromanzo.it
-articolo di Marco Belpoliti, sul sito espresso.repubblica.it, “tra kitsch e trash”

Nel nucleo del suo cuore

Le mattine in treno.
I silenzi e i rumori appena accennati.
Godersi l’alba; nel nucleo del suo cuore, scoprirsi elettrone in rapida circolazione, tra un atrio, un ventricolo, e il caldo abbraccio del tutto.
-diegofanelli-

November Rain

Risentirsi in una vecchia canzone.
Le corde vocali d’un tempo; quando registrasti quel pezzo? E dov’era?
Nelle trame dei ricordi, solo odori di sigaretta, alcol e la certezza d’aver fermato lo scorrere degli anni.
Puntualmente disattesa.
-diegofanelli-

 

Darkness of Greed


Lo senti, e il fatto che accada è segno che stai bene.

Scappa. Fuggi dal quadrato in cui hanno recluso la tua personalità. Oltrepassa le linee perimetrali della forma geometrica che t’imprigiona.
Renditi circolare con la peculiarità di aprirti e richiuderti a tuo piacimento.

Apertura e inclusione.

-diegofanelli-